Ferite infantili e relazioni adulte: perché ripetiamo certi schemi?

Quante volte ci siamo ritrovati in relazioni che ci fanno sentire “troppo”, “non abbastanza”, invisibili o dipendenti? E quante volte, nonostante il dolore, ci siamo accorti di rivivere dinamiche già conosciute, come se un filo invisibile ci riportasse sempre lì? La verità è che le relazioni adulte non nascono nel vuoto. Portano con sé l’eco delle esperienze più precoci: quelle che abbiamo vissuto da bambini.
Cosa sono le ferite emotive infantili?
Le ferite emotive dell’infanzia non sono sempre legate a traumi evidenti o gravi. Spesso si tratta di mancanze più sottili:
- un genitore emotivamente distante
- la sensazione di dover “essere bravi” per meritare affetto
- il timore di esprimere i propri bisogni per non essere rifiutati.
Nel tempo, queste esperienze possono diventare credenze profonde: “Non valgo abbastanza”, “Se mi mostro per come sono, perderò l’amore”, “Devo controllare tutto per sentirmi al sicuro”.
Come influenzano le nostre relazioni adulte?
Quelle ferite non rimangono nel passato. Agiscono nel presente attraverso schemi relazionali inconsci. Ti propongo alcuni esempi:
- Chi ha vissuto abbandono può temere l’intimità, ma allo stesso tempo diventare dipendente affettivamente.
- Chi si è sentito invisibile può cercare costantemente approvazione, sacrificando i propri bisogni.
- Chi è cresciuto con genitori critici o imprevedibili può avere difficoltà a fidarsi e sentirsi costantemente in allerta.
Qualcuno di questi schemi ti risuona? Prova a rifletterci.
Perché ripetiamo gli stessi schemi?
Perché sono familiari. E ciò che è familiare, anche se doloroso, ci dà l’illusione di controllo.
Spesso inconsciamente speriamo di “riscrivere la storia”: se oggi riuscirò a farmi amare da qualcuno che mi rifiuta, allora forse guarirò quella ferita antica. Ma così rischiamo di scegliere partner, amici o dinamiche che riattivano esattamente lo stesso dolore.
Alcune piccole strategie per iniziare a cambiare
Rompere questi schemi non è semplice, ma possiamo iniziare con piccoli passi:
- Scrivi ciò che senti quando una situazione ti attiva emotivamente. Domandati: “Questa reazione è legata solo al presente?”
- Nota le ripetizioni: ci sono frasi che ti dici spesso nelle relazioni? (“Non devo disturbare”, “Meglio non chiedere troppo”)
- Pratica l’autoaccoglienza: quando senti dolore, prova a parlare a te stessə come parleresti a un bambino impaurito. Con tenerezza e senza giudizio.
- Metti confini gentili, anche piccoli: dire un “no” o affermare un bisogno è già un atto di cura verso di te.
Questi sono solo dei primi passi di consapevolezza, ma spesso non bastano per trasformare in profondità ciò che si è radicato nel tempo.
Il valore di un percorso psicologico su di sé
Le ferite emotive non si cancellano con la volontà, ma possono essere trasformate con il tempo, l’ascolto e la relazione.
Un percorso psicologico ti offre uno spazio sicuro in cui dare voce a ciò che hai vissuto, rileggere le tue esperienze con uno sguardo nuovo e costruire relazioni più sane, autentiche e libere.
Guarire non è dimenticare il passato, ma imparare a non lasciargli più il timone della tua vita.